I cosiddetti “inquinanti emergenti” – nuove categorie di inquinanti non presenti in passato in determinati luoghi – stanno aggravando la già preoccupante crisi idrica in diversi paesi in via di sviluppo, impendendo l’accesso della popolazione a forniture di acqua considerate sicure. E’ quanto emerge da un dossier pubblicato su Frontiers in Water, che raccoglie alcuni paper dedicati a questo tema. Geonildo Rodrigo Disner, ricercatore presso l’Istituto Butantan di San Paolo, in Brasile e autore principale dell’editoriale che presenta il dossier ha affermato: “Oltre ai contaminanti convenzionali, come i coliformi fecali, la cui presenza è legata ai bassi livelli di trattamento delle acque reflue, l’acqua dolce nei paesi in via di sviluppo è sempre più esposta all’impatto di una nuova categoria di inquinanti: i contaminanti emergenti. Tra questi figurano pesticidi agricoli, additivi per carburanti, plastificanti o materiali antiaderenti, medicinali (come antibiotici, antidolorifici e ormoni), prodotti per l’igiene e cosmetici”.
Sebbene non siano necessariamente nuovi, questi composti sono stati rilevati in concentrazioni e in ambienti precedentemente non toccati, generando crescente preoccupazione. È il caso degli erbicidi diuron (utilizzato principalmente su colture di canna da zucchero e cotone), glifosato (utilizzato principalmente su colture di soia e mais), atrazina (utilizzata principalmente su colture di mais e sorgo) e 2,4-D (utilizzato per il controllo delle latifoglie su pascoli e colture). “Poiché – afferma Disner – non vengono rimossi dai metodi convenzionali di trattamento delle acque, questi inquinanti si accumulano negli ecosistemi acquatici e possono causare effetti tossici, anche a concentrazioni estremamente basse. Molti agiscono come interferenti endocrini, influenzando la riproduzione e lo sviluppo degli organismi, effetti che possono estendersi alla salute umana. L’esposizione è generalmente cronica, continua e silente. E molti di questi composti si bioaccumulano lungo la catena alimentare, aumentando ulteriormente i rischi per la salute”. Il ricercatore sottolinea che, in ultima analisi, tutto finisce nell’acqua. L’acqua è il deposito definitivo della maggior parte degli inquinanti, compresi quelli rilasciati nel suolo o nell’aria. Inoltre, l’acqua trasporta contaminanti anche in regioni in cui non sono mai stati utilizzati. “Nonostante i rischi – sottolinea Disner – la maggior parte dei contaminanti emergenti non è ancora monitorata regolarmente o regolamentata da una legislazione specifica. In generale, i sistemi di trattamento rimuovono solo i materiali grossolani, come particelle sospese, parte della materia organica e microrganismi. Anche nella città di San Paolo, dove disponiamo di una struttura relativamente più sviluppata, tutti i 27 pesticidi testati sono stati rilevati dal Sistema Informativo di Sorveglianza della Qualità dell’Acqua (Sisagua) nelle acque monitorate. Viviamo in una regione con un’enorme pressione sulle risorse idriche e i trattamenti di cui disponiamo sono ancora limitati”. Di fronte a questa situazione, gli articoli del dossier esplorano le sfide e i recenti progressi nell’identificazione, nel monitoraggio e nella valutazione dell’impatto dei contaminanti emergenti nei paesi a basso e medio reddito. (AGI)