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Il Rio Grande Rise era una isola tropicale ricca di minerali (96 notícias)

Publicado em 05 de fevereiro de 2024

Un tempo questa dorsale sismica nell'Oceano Atlantico meridionale, al largo della costa del Brasile era una gigantesca isola coperta di vegetazione con aree piene di cobalto, nichel e litio

AGI - ll Rio Grande Rise, un altopiano basaltico forse continentale e una catena di montagne sottomarine oggi sommerse nell’Oceano Atlantico meridionale a circa 1.200 km dalle coste brasiliane, un tempo era una gigantesca isola tropicale coperta di vegetazione e ricca di minerali, quali cobalto, nichel e litio, oltre che di tellurio e altre terre rare fondamentali per la transizione energetica. A scoprirlo uno studio guidato dagli scienziati dell’Università di San Paolo, pubblicato su Scientific Reports.

I geologi, grazie a un lavoro di quasi dieci anni di ricerca, hanno datato i sedimenti della formazione tra i 45 e i 40 milioni di anni fa. I ricercatori hanno analizzato campioni di sedimenti del fondale marino a una profondità di circa 650 metri nel RGR occidentale e ne hanno caratterizzato le proprietà mineralogiche, geochimiche e magnetiche. I campioni contenevano principalmente argilla rossa con diversi minerali tipici delle alterazioni delle rocce vulcaniche tropicali, come caolinite, magnetite, magnetite ossidata, ematite e goethite. Nel 2018, il gruppo di ricerca ha ipotizzato che il RGR fosse un tempo un’isola, sulla base delle scoperte fatte dalle spedizioni scientifiche nella regione.

I ricercatori hanno viaggiato sulla Royal Research Ship Discovery, gestita dal National Oceanography Center del Regno Unito, e sull’Alpha Crucis, la nave di ricerca oceanografica dell’USP. Le spedizioni facevano parte di un progetto tematico sostenuto dal FAPESP. I ricercatori provenivano dall’Istituto Oceanografico dell’USP e dall’Università di Southampton nel Regno Unito. “Le nostre ricerche e analisi ci hanno permesso di stabilire che si trattava effettivamente di un’isola, e ora si discute se l’area possa essere inclusa nella piattaforma continentale legalmente riconosciuta del Brasile”, ha dichiarato Luigi Jovane, ultimo autore dell’articolo e professore dell’IO-USP, nonchè ricercatore principale di un progetto finanziato dal FAPESP.

“Dal punto di vista geologico, abbiamo scoperto che l’argilla si è formata dopo l’ultima attività vulcanica avvenuta 45 milioni di anni fa. La formazione risale quindi a un periodo compreso tra 30 e 40 milioni di anni fa e deve essere il risultato di queste condizioni tropicali. Abbiamo un gruppo di altissima qualità che comprende specialisti in geologia, geochimica, biologia, idrodinamica, valutazione dell’impatto ambientale, nuove energie, psicologia e diritto. Tutta questa scienza accumulata - ha ricordato ancora Jovane - può essere utilizzata per approfondire la nostra comprensione del RGR e studiare la regione senza intaccare le sinergie del sistema locale. Per sapere se le risorse possono essere estratte in modo sostenibile dai fondali marini, dobbiamo prima analizzare la sostenibilità e gli impatti di questa pratica".

“Ad esempio, i servizi ecosistemici forniti dall’oceano non sono stati studiati in dettaglio: quando si interferisce con un’area, bisogna sapere come questo influirà su animali, funghi e coralli, e capire l’impatto che si avrà sui processi cumulativi coinvolti”, ha affermato Priyeshu Srivastava, primo autore dell’articolo e attualmente professore presso l’Università di Mumbai in India, che è stato sostenuto anche dal FAPESP attraverso due progetti. Gli scienziati hanno utilizzato un veicolo subacqueo autonomo e un veicolo a comando remoto del Discovery per produrre mappe, video e rilevamenti sonar. L’AUV è in grado di immergersi fino al fondale marino e di coprire un’area prestabilita per un massimo di 12 ore. Il ROV è collegato alla nave tramite un cavo e si muove producendo immagini ad alta risoluzione e raccogliendo campioni di rocce e organismi con un braccio robotico.

“Nessuno in Brasile possiede AUV o ROV, quindi la collaborazione con i colleghi britannici del NOC è stata fondamentale, ma la ricerca è al 100% brasiliana”, ha specificato Jovane. L’esistenza di terreno tropicale tra le colate di lava vulcanica rilevate dai ricercatori dimostra che le rocce devono essere state esposte agli agenti atmosferici all’aria aperta in un clima caldo-umido in una regione con vulcani attivi meno di 40 milioni di anni fa. Secondo Jovane, il terreno è simile alla “terra rossa”, che si trova in molte zone dello Stato di San Paolo. La misura più diffusa dell’invecchiamento delle rocce, nota come indice chimico di alterazione o CIA), era pari a 93 per l’argilla rossa.

La maggior parte delle rocce alcaline ha un CIA inferiore a 50. Questo valore elevato indica la sua origine nell’erosione estrema di colate laviche e rocce vulcaniche durante l’Eocene, la seconda epoca del periodo Paleogene, tra 56 milioni e 34 milioni di anni fa, quando le alte temperature favorirono lo sviluppo di foreste tropicali, prima dei repentini cambiamenti climatici che si verificarono quando l’Australia si separò rapidamente dall’Antartide. All’erosione a cielo aperto seguirono la subsidenza termica e la sommersione durante il tardo Eocene e l’inizio dell’Oligocene, tra 35 milioni e 25 milioni di anni fa. La zona RGR è stata intensamente studiata negli ultimi anni, soprattutto per il suo potenziale economico.

Si trova in acque internazionali e quindi è governata dall’Autorità Internazionale dei Fondali Marini. Nel dicembre 2018, il governo brasiliano ha richiesto l’estensione della sua piattaforma continentale per includere RGR, che è ben oltre il limite di 200 miglia nautiche stabilito per tutte le nazioni dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. RGR ha rivelato aree ricche di cobalto, nichel e litio, oltre che di tellurio e altre terre rare fondamentali per la transizione dai combustibili fossili, uno dei principali motori del riscaldamento globale, alle energie rinnovabili. “È importante comprendere i servizi ecosistemici e gli altri processi naturali in atto nell’area di RGR. Solo questa conoscenza può permetterci di effettuare le valutazioni d’impatto ambientale e di calcolare le misure di mitigazione e le compensazioni necessarie per proteggerlo in caso di sviluppo economico”, ha concluso Jovane.