Il Covid-19 potrebbe causare dei danni al cervello. È questo ciò che emerge da uno studio condotto dai ricercatori dell’Università Campinas in Brasile, pubblicato sulla rivista Pnas.
Secondo quanto dimostrato dai ricercatori, il virus Sars-Cov-2 infetterebbe un determinato tipo di cellule cerebrali – gli astrociti – causando dei cambiamenti strutturali al sistema cerebrale.
Fin dall’inizio della pandemia, è stato evidente come l’infezione causata dal Covid potesse coinvolgere altri organi bersaglio oltre ai polmoni. Infatti, trattandosi a tutti gli effetti di una sindrome multisistemica, il Covid può coinvolgere vari organi del corpo, lasciando dietro di sé anche importanti strascichi che possono persistere per mesi dopo l’infezione, ossia gli effetti del Long-Covid.
E proprio tra i potenziali organi bersaglio del Covid - durante e dopo la malattia - rientra il cervello, o più in generale il sistema nervoso e stando a quanto sembra lo studio brasiliano confermerebbe quanto ipotizzato fino a ora: l’infezione potrebbe causare alterazioni cerebrali e disfunzioni neurocognitive, in particolare nella lunga sindrome da Covid-19. Attualmente però i meccanismi sottostanti sono ancora poco conosciuti.
Così, mentre in India si starebbe diffondendo una nuova variante di Omicron, Cenaturus, che gli esperti continuano a tenere sotto osservazione per capire se possa superare l’immunità degli attuali vaccini, i ricercatori dell’Università Campinas in Brasile lanciano l’allarme sui danni al cervello causati dall’infezione del Covid. Ecco, quindi, quali sono gli effetti che il Covid potrebbe avere sul sistema nervoso e cosa dice esattamente lo studio.
Covid, allarme per i danni al cervello: la ricerca
Il virus Sars-Cov-2 potrebbe danneggiare il cervello, o più in generale il sistema nervoso. È stato questo l’oggetto di indagine di una ricerca condotta presso l’Università Campinas in Brasile dal biologo Daniel Martins-de-Souza e i suoi colleghi.
Per giungere a questa conclusione i ricercatori hanno voluto effettuare una risonanza magnetica per confrontare la struttura del cervello in 81 pazienti che si stavano riprendendo da una lieve infezione da Covid-19 e che hanno deciso di partecipare allo studio e 81 individui sani.
Confrontando le risonanze del gruppo di pazienti affetti da Covid con quelle dei pazienti sani, i ricercatori hanno evidenziato nei primi la riduzione dello spessore corticale, correlato a disturbi cognitivi e sintomi come ansia e depressione. Successivamente, i ricercatori hanno deciso di analizzare dei campioni di tessuto cerebrale di 26 pazienti morte per il Covid-19. Dall’analisi è emerso che cinque di questi individui mostravano a loro volta dei danni ai tessuti del cervello. Dati che dovrebbero essere ampliati da altre ricerche per confermare la tesi di questo studio.
Infine, un’ulteriore analisi di campioni di cervello danneggiato ha rivelato che gli astrociti, cellule importante nell’attività cerebrale, erano particolarmente suscettibili alle infezioni da Covid: questo spiegherebbe anche come il virus riesca a danneggiare il sistema cerebrale.
Covid, ecco come il virus può danneggiare il cervello
Dalle analisi condotte, i ricercatori hanno evidenziato come gli astrociti, ossia delle cellule cerebrali che sostengono il metabolismo neuronale e quindi essenziali, siano particolarmente suscettibili alle infezioni del coronavirus. Il Covid entrerebbe in queste cellule attraverso il recettore Nrp1.
Una volta infettati, gli astrociti avrebbero mostrato dei livelli alterati di metaboliti - il risultato del processo di metabolismo - utilizzati per alimentare i neuroni. Non solo. Alterata sarebbe stata anche la produzione di neurotrasmettitori, mentre le cellule infette hanno secreto molecole neurotossiche.
Proprio questo processo e la produzione di sostanze neurotossiche dopo l’infezione da Covid dimostrerebbe - sempre secondo i ricercatori - i cambiamenti strutturali osservati nel cervello. In ogni caso occorre ricordare che una sola ricerca non basta per confermare tale tesi. Per poter garantire la veridicità di uno studio è necessario che altre ricerche - anche su campioni più ampli - confermino quanto evidenziato in questa indagine. Bisogna quindi attendere ulteriori ricerche e una risposta definitiva dal resto della comunità scientifica.