Mangiare regolarmente alimenti ultra-processati (UPF ) può aumentare in modo significativo il rischio di morte prematura. A rilanciare l’allarme è uno studio internazionale pubblicato sull’ American Journal of Preventive Medicine, che ha analizzato i dati di dieta e mortalità di 8 Paesi: Australia, Canada, Stati Uniti e Inghilterra (alto consumo), Colombia e Brasile (consumo relativamente basso), Cile e Messico (consumo intermedio).
Secondo i ricercatori, ogni aumento del 10% nell’assunzione di cibi ultra-processati, tra cui ci sono anche pane industriale, dolci confezionati e piatti pronti, si traduce in un incremento del 3% del rischio di morire prima dei 75 anni.
In alcuni Paesi ad alto consumo, come gli USA e l’Inghilterra, gli alimenti ultra-processati potrebbero essere responsabili addirittura di 1 decesso prematuro su 7. Lo studio evidenzia come, ogni anno, gli UPF siano associati a oltre 124.000 morti premature negli Stati Uniti e a circa 17.800 in Inghilterra. Numeri impressionanti.
Grassi, zuccheri, sale e non solo
Come spiega Eduardo Augusto Fernandes Nilson, principale autore della ricerca e membro della Fondazione Oswaldo Cruz in Brasile, il problema degli alimenti ultra-processati non risiede solo nell’elevato contenuto di nutrienti critici, come sodio, grassi trans e zuccheri. Anche la presenza di additivi artificiali, dolcificanti, coloranti, aromi sintetici ed emulsionanti, e i cambiamenti strutturali subiti dagli alimenti durante la lavorazione industriale contribuiscono a renderli pericolosi per la salute.
Analizzando i dati, i ricercatori hanno riscontrato una chiara relazione dose-risposta: più cresce la quota di UPF nella dieta, maggiore è il rischio di morte per tutte le cause.
I Paesi più colpiti. L'appello ai governi
L’indagine ha mostrato che i tassi di mortalità prematura attribuibili agli UPF variano considerevolmente tra i Paesi. Se in Colombia, Brasile e Cile la percentuale si aggira tra il 4% e il 6%, in Canada sale all’11%, negli Stati Uniti al 13,7% e nel Regno Unito addirittura al 13,8%. Nel Regno Unito oltre il 53% dell’energia totale consumata proviene da alimenti ultra-processati, percentuale che negli Stati Uniti supera il 54%.
Anche in Italia la diffusione degli UPF è in costante crescita, alimentata da stili di vita sempre più frenetici e da campagne pubblicitarie aggressive. L’esperienza internazionale ci mostra che ignorare il problema comporta costi enormi in termini di salute pubblica. Gli autori dello studio sollecitano i governi di tutto il mondo a introdurre misure incisive per affrontare il problema, comprese regolamentazioni più severe sulla pubblicità alimentare e sulla vendita di alimenti nelle scuole e nei luoghi di lavoro, oltre all’introduzione di tasse sui prodotti UPF per ridurne le vendite.
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